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Trovarsi a diciannove anni, studente italiano alla Sorbona di Parigi, nella tempesta del Maggio '68. E trovarsi lì da militante di estrema sinistra, arrestato e picchiato dalla polizia, vivendo una vita di bohème, ricca di esperienze culturali. A partire da questi eventi, Sergio Benvenuto - oggi psicoanalista e saggista - costruisce un libro volutamente polifonico: a un tempo diario personale, riflessione filosofica sull'epoca e sugli avvenimenti, ricostruzione politica delle vicende, paragone con l'oggi. Una forma straripante di testimonianza: descrivere non solo una città, Parigi, allora immersa negli anni ruggenti dello strutturalismo e al picco del prestigio culturale, circonfusa di un mito che l'autore considera soprattutto americano, ma anche una generazione che nel '68, e non solo in Italia e in Francia, si espresse in modo spettacolare, "firmando" quell'epoca. Benvenuto, senza nostalgie, dipinge un affresco rievocativo dell'epoca senza risparmiare critiche, anche spietate, a errori e miti dell'epoca, e della carica generosa e ingenua dell'impegno, sia politico sia intellettuale, di una generazione che si avvia verso la notte.